Intervallo. Pausa estiva

materia delle nuvole

C’è un brano che ascolto spesso, soprattutto quando mi voglio liberare da qualche peso. Si chiama Nuvole Bianche. Non so se Ludovico Einaudi pensava a questo quando lo ha composto, ma a me suscita sempre un grappolo di pensieri intorno a un concetto: siamo fatti della materia delle nuvole.

Attraversiamo le vite gli uni degli altri indenni come nuvole. Transitiamo ad alta quota, a volte lentamente, a volte di corsa, mai immobili. Siamo fatti della stessa materia dell’universo. Prendiamo forme, colori, dimensioni diverse. Ci trasformiamo in pioggia, in vapore, ci allunghiamo, ci gonfiamo, ci ricompattiamo. Non restiamo mai uguali, ci trasformiamo continuamente. Siamo parte di qualcosa di più grande, siamo piccoli, mutevoli, funzionali a qualcos’altro che non possiamo conoscere.

Siamo fatti dagli stessi elementi delle nuvole, degli alberi, dei fiumi, solo che questi stessi elementi si compongono in maniera diversa, prendono forme e destini differenti. Ma alla fine, siamo la stessa materia. Diventeremo qualcos’altro, quando cesseremo di essere esseri umani ed eravamo qualcos’altro prima di essere umani.

Ciò che ci rende estremamente felici oggi o estremamente tristi, dura un battito di ciglio dell’universo. La nostra gioia, il nostro dolore è effimero, anche il nostro successo o il nostro fallimento lo sono.

E’ questione di un attimo e siamo già lontano. Siamo nuvole. Voliamo via leggeri.

In copertina L’uomo che misurava le nuvole, Jan Fabre

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