La polemica che si è creata intorno a “Un altro giro”, con il regista Thomas Vinterberg accusato di aver prodotto un film che promuove l’abuso di alcol, mi ha fatto venire in mente quelli che recensiscono i libri senza averli neanche aperti, interpretando la sinossi con una certa dose di psicologia spicciola a partire dalla foto dell’autore in quarta di copertina. Perché “Un altro giro” non è un film sull’alcol, al di là di come certi passaggi sugli effetti del bere siano magistrali, l’alcol è solo una metafora, uno strumento.
E’ lo strumento attraverso il quale i protagonisti del film cercano di ritrovare se stessi, la propria strada, l’autorealizzazione. Cercando prima un approccio scientifico, poi andando per tentativi, esagerando, ritrovandosi vittime dello stesso strumento che avrebbe dovuto salvarli.
L’obiettivo non è bere, è ritrovare la capacità di esprimersi, uscire dalle scatole in cui finiamo dentro durante il percorso che dovrebbe condurci al riconoscimento sociale, sgusciare fuori dalle caselle che abbiamo contribuito a costruire e consolidare e che a un certo punto ci vanno strette, non ci appartengono più.
Perdere il controllo per ritrovare la strada, in un mondo in cui il controllo di noi stessi è diventato sempre più totalizzante. Passa attraverso il controllo del peso, del proprio aspetto, dell’immagine che diamo sui social. Siamo esasperati da un eccesso di libertà, non esistono più i consolidati meccanismi che ci guidavano in una direzione o nell’altra, verso un preciso ruolo sociale. Oggi se non hai successo nella vita privata o professionale è sempre una tua responsabilità. Non hai fatto abbastanza per essere felice. La tua esistenza può rappresentare il tuo più grande fallimento.
Eppure i nostri avi ce lo avevano insegnato che perdere il controllo di tanto in tanto può essere salutare, ha un potere rigenerante, perfino catartico. Generazioni di artisti, filosofi e financo politici ci hanno fatto capire quanto possa essere faticoso e perfino inutile avere sempre tutto sotto controllo. Perché è un esercizio che logora, consuma energie senza riprodurne di nuove, ha bisogno di essere alimentato costantemente.
La vita è una battaglia che non risparmia nessuno. Bambini, adolescenti, professionisti affermati e insegnanti demotivati. Trovare il coraggio di esprimere se stessi è un duro lavoro. Non ci sono scorciatoie, nemmeno l’alcol lo è. Ognuno berrà dal proprio cocktail di sfighe e successi. Accettando di essere fallibile e talvolta fallimentare, alla Kierkegaard maniera suggerita dal film “Un altro giro”. Ma anche per questo vivo e in grado di fare sempre una qualche differenza.