L’incredibile leggerezza della sveglia prima dell’alba

sveglia prima dell'alba

Quando dico alla gente a che ora mi sveglio la mattina generalmente mi guarda come un’aliena. So dalle interviste rilasciate da Tim Cook, Haruki Murakami e altre persone di successo che si può fare anche di peggio. Ma, non essendo né un quasi Premio Nobel né il capo di una mega azienda, ho cercato di capire cosa mi spinge a mettere la sveglia prima dell’alba per andare a correre al buio, rincorrere treni a orari improbabili, studiare enologia.

Forse è vero che sono matta, ma provo un’inspiegabile gioia nel salire sulla bici alle prime luci dell’alba o nel correre per le strade quando ancora sono tutti inconsapevolmente a letto. Sento che la città mi appartiene, anche se non è quella in cui vivo. Provo un senso di intima complicità con chi è già in piedi per sfornare il pane, aprire l’edicola, spazzare la strada. Ho la sensazione che la città ci stia rivelando dei segreti che nessun altro può capire, in quel momento.

Corro, ma in realtà è l’unico momento della giornata in cui la mia mente rallenta, vedo tutto con estrema lucidità e chiarezza, senza rumori di sottofondo a disturbare. Provo un’assurda serenità nel mettermi a lavorare alle 6.30, con un paio d’ore di silenzio davanti a me, senza WhatsApp, telefonate o mail indiscrete. C’è una contraddizione intrinseca nell’essere perennemente in ritardo nella vita e puntare la sveglia alle 5.45? Forse è piuttosto il contrario: la sveglia prima dell’alba per me è l’unico momento di riscatto da una vita in ritardo. Almeno una volta al giorno posso affermare di essere in anticipo sugli altri. Gongolo nel vedere le persone che vanno a fare colazione alle 8 e penso che ho già fatto molte cose utili prima che iniziassero a ragionare.

Sono matta? Forse sì. Ma correre con la superluna sopra di te e poi vederla tramontare sopra l’Arno non ha prezzo. Per il resto, c’è l’analista.

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