La motivazione principale è senza dubbio il fatto che sono ormai una vecchia signora in pieno ribollimento ormonale, ma c’è anche una motivazione logica e razionale se sabato 19 maggio 2018 ho passato 3 ore della mia vita incollata alla diretta tv del matrimonio del principe Harry e Meghan Markle, come ho cercato di spiegare al mio incredulo fidanzato.
La parte razionale è data dalla rottura delle regole, non solo per le origini della sposa, ma anche per il fatto che entrambi abbiano lasciato trapelare le proprie emozioni contro ogni etichetta, per la massiccia presenza di personalità di colore, tra cori gospel, violoncellisti e un prete infiammato in pieno stile Usa che ha toccato argomenti tabù come il colonialismo, la schiavitù e le differenze sociali.
Ma c’è di più. Per me, come per molte ragazze della mia generazione, Harry è uno di famiglia. Lo amiamo da oltre 20 anni, da quando lo abbiamo visto camminare dietro al feretro della madre con quel misto di rabbia e sgomento nello sguardo. Ci siamo commosse su quel cuscino di fiori bianchi con sopra scritto solo “mom”. Lo abbiamo seguito durante la sua turbolenta crescita, tra party finiti con il membro reale all’aria, sbronze colossali, impensabili divise da nazista e improbabili fidanzate lampadate. Lo abbiamo adorato al matrimonio perfetto di Kate e William, scanzonato e ridanciano, mentre buttava il baco con la Pippa di bianco vestita. E poi lo abbiamo visto diventare parte del terzetto più amato d’Inghilterra, dividendo la carrozza con il fratello e la cognata, diventare consapevole delle proprie debolezze e non avere più paura di mostrarle. E infine trovare quello di cui aveva bisogno: una compagna di vita che potesse sostenerne il peso senza perdere l’entusiasmo.
Ovviamente non vi so dire se Meghan Markle sia sinceramente innamorata o se punti a espugnare Buckingham Palace, lasciando la regina a finire i propri giorni in un monolocale in affitto, come sostiene quel disincantato del mio compagno. Però gli sguardi di Harry durante la cerimonia e quella mano a cui si appoggiava, a metà strada tra il bisogno di sostegno e la paura che la sua amata potesse scappare via, ci hanno restituito almeno per qualche ora il lieto fine. Che c’importa in fondo di cosa succede dopo il “e vissero felici e contenti”? La parabola di Harry rappresenta quello che tutte e tutti noi vogliamo sentirci raccontare: che nella vita si soffre da cani, si fanno degli errori e si viene messi alla berlina, che dei fantasmi non ci si libera mai, ci si può solo imparare a convivere. Ma in fondo, proprio in fondo, potrebbe anche valerne la pena.
Agli scettici ragazzi di tutto il pianeta che replicano che “suvvia alla fine si tratta di persone privilegiate” rispondo che certo, è così. Ma provate a immaginare come ci si deve sentire quando devi dimostrare di valere qualcosa non solo alla tua famiglia ma al mondo intero, quando anche a distanza di decine d’anni dalla scomparsa di tua madre le prime ricerche su Google sono sulle sue abitudini sessuali, quando tuo padre si è risposato e messo in casa la strega cattiva. Insomma, gli ingredienti di un best seller ci sono tutti ed è questo il segreto del successo del matrimonio di Harry e Meghan: l’umanità ha bisogno di storie per andare avanti e imparare qualcosa sull’universo, succede dall’alba dei tempi. All’epoca di Esopo le chiamavano favole, poi ci sono state le parabole di cristiana memoria, infine lo storytelling delle serie tv, degli spot televisivi e degli influencer sui social. Ma non siamo cambiati molto: abbiamo sempre bisogno di una bella favola per addormentarci e pensare che domani ci sveglieremo in un mondo migliore.