Luglio è sempre stato un mese strano per me. Quando ero piccola era il mese più lungo dell’anno, quello in cui i miei amici erano tutti ai centri estivi, in vacanza, dai nonni in montagna e io ero in città, in attesa di agosto. Crescendo è diventato il mese in cui i miei amici e la mia famiglia sono altrove e io in città in attesa di agosto.
Faccio cose strane a luglio in città. Mi abbono a riviste assurde (3 nelle ultime 3 settimane e ancora nessuna si è palesata in cassetta delle lettere). Mi iscrivo a corsi assurdi, con l’idea che se sono sempre a lavorare avrò pure due lire da spendere a caso. Dico di sì alle proposte più assurde, con l’idea che tanto sono da sola e non devo rendere conto a nessuno. Mangio ad orari assurdi, spesso con persone che non conosco e con cui non faccio amicizia. Non dormo quasi mai.
Ogni anno mi ripropongo di partecipare a un sacco di eventi estivi, concerti, cene all’aperto, aperitivi vista tramonto, penso di prendermi del tempo libero approfittando delle altrui ferie. Vagheggio di lunghe passeggiate a cogliere succulenti frutti selvatici, girate in bicicletta sulle colline, toccate e fuga in piscina. Penso al prossimo luglio in città e mi vedo a lavorare con il pc a bordo piscina in un qualche mega albergo, con occhiali da sole e drink con l’ombrellino.
E poi mi ritrovo alla fine di luglio tramortita dal caldo, dagli impegni e dalle persone inutili che ho cercato di inserire nella mia vita durante tutto il mese. E un’incredibile voglia di Natale. Sfoglio le riviste bevendo le collezioni autunno-inverno, prenoto treni e voli che mai prenderò, sogno villaggi al limite del circolo polare artico o anche più su. Vado al mare e mi sento come i Velvet in Boyband (manco di concentrazione, non ho volontà, soffro lo stress, sono stanco e fuori forma). Ci deve essere un errore. Luglio, col male che ti voglio, mi nuoci gravemente alla salute. Mentale, soprattutto.
Photo Credits: I Fought the Law by Olivia Locher (in questi giorni in mostra a NYC)