Durante la mia ultima vacanza, per varie ragioni non sempre preventivate, mi è capitato di passare molto tempo in diversi aeroporti sparsi nel mondo. Messa a tacere la teoria che annovera gli aeroporti tra i “non luoghi” per eccellenza, ho elaborato la mia personale teoria degli aeroporti. Che suona un po’ così: dimmi com’è il tuo aeroporto e ti dirò com’è il tuo popolo.
Gli aeroporti, infatti, hanno smesso da tempo di essere solo semplicemente luoghi di passaggio, asettici hangar in cui sostare in attesa di andare altrove. Sono luoghi di vita, non solo per le migliaia di persone che ci lavorano quotidianamente, ma per milioni di persone che ci passano ore e giornate. Non è un caso che si siano dotati di palestre, centri benessere, hotel, sale conferenze. Ma non sono questi gli indicatori che vi diranno di più del Paese che state attraversando.
Aeroporti del Vecchio e Nuovo Mondo
Una prima grande distinzione si può fare tra gli aeroporti della Vecchia Europa e quelli degli Stati Uniti. Potreste pensare che i fastosi hub internazionali a stelle e strisce superino di gran lunga i nostri aeroporti tascabili. E invece no. Fatevi un giro al JFK di New York, uno dei più importanti scali del mondo (se non il più importante in assoluto) e poi ditemi se non è enormemente più triste e spoglio di un qualsiasi Orio al Serio. Sarà che siamo nella madre patria del consumismo, ma lo stile, beh, quello è un’altra cosa. I terminal americani sono tutti uguali, i negozi anche, i grandi marchi non emergono. Niente a che vedere con il glamour di un Guglielmo Marconi (Bologna) o di un Roma Fiumicino, figuriamoci con lo scintillio dello Charles De Gaulle di Parigi.
New York vs Austin
Scendere dall’aereo a New York o farlo in Texas non è la stessa cosa. La Grande Mela ti accoglie con una delle più lunghe code per accertarsi della tua identità e poi ti incanala in una serie di tunnel della metro, per sputarti al centro del mondo. Come dire: sei nella terra delle opportunità, ma dovrai combattere con le unghie e con i denti. Austin, capitale mondiale della musica dal vivo, offre spettacoli live anche in aeroporto. Ma una volta fuori, non ti aspettare cartelli, navette o indicazioni precise. In compenso – se arrivi entro un’ora decente – le persone del luogo saranno ben felici di aiutarti. Non solo in aeroporto.
Copenaghen vs Belfast
Ma anche in Europa le differenze si sentono: scendi all’aeroporto di Copenaghen e troverai un’oasi felice di pulizia e cortesia. Non ho fatto in tempo ad avvicinarmi al banco delle informazioni che mi avevano già indicato il deposito bagagli (tutto automatizzato e a buon mercato), non ho avuto bisogno di chiedere per trovare il treno che mi portava in città, con tanto di guide alle attrazioni, mappe e suggerimenti a portata di mano. Tutto molto semplice e smart. Se invece ti imbarchi all’aeroporto di Belfast puoi prendertela comoda e fare come gli indigeni: sfruttare fino all’ultimo minuto per goderti una birra, portandotela fino al gate. Mai vista un’area di attesa più colma di pub e bicchieri vuoti.
Fusion vs Sciuscià
Gli aeroporti del mondo sono luoghi ultramoderni dove puoi incappare in tradizioni che pensavi sepolte. Ad esempio negli aeroporti americani puoi vedere i lustrascarpe a lavoro a pieno ritmo ai piedi di colletti imbiancati. Scene come queste mi hanno fatto pensare ad una società ancora tutto sommato classista, dove i ristorantini fusion di New York – perfettamente riprodotti al JFK – rappresentano solo una faccia del melting pot. I ghetti, dentro e fuori gli aeroporti internazionali, persistono e si gonfiano. In confronto a ciò l’Italietta dei pregiudizi e delle derive salviniane si erge come la terra promessa.
visitare molti luoghi e vedere molte cose senza guardare è tipico di chi deve ancora vedere molto e stupirsi meno. vedere il classismo dove un mestiere è scelto, come ad Austin o Morelia (perché si guadagna di più) significa giudicare affrettatamente. per non parlare di derive salviniane…..
Caro Renato, credo che la capacità di stupirsi sia una dote preziosa e che visitare molti luoghi serva ad acquisire una prospettiva più allargata sul mondo. Sulle derive ognuno è libero di pensarla come vuole (e di votare chi vuole).
Caro Renato, credo che la capacità di stupirsi sia una dote preziosa e che visitare molti luoghi serva ad acquisire una prospettiva più allargata sul mondo. Sulle derive ognuno è libero di pensarla come vuole (e di votare chi vuole).