Appropriazione indebita di marciapiede, rallentamento di bus pubblico, scampanellata molesta: ci sono almeno mille motivi per avercela con chi va in bici in città. Ma se provaste per un giorno ad abbandonare il vostro abituale mezzo in favore delle due ruote, diventereste più tolleranti con il ciclista urbano indisciplinato. Anzi, sono sicura che se tutti noi ci scambiassimo mezzo di trasporto una volta la settimana diventeremmo un popolo migliore. Un giorno, quando sarò chiamata come consulente da un’amministrazione pubblica, suggerirò questo esperimento sociologico e diventerò famosa. Nel frattempo mi tocca scrivere questo pezzo in difesa di chi va in bici in città, in qualità di fiera rappresentante della categoria. Sommersa per questo da una serie di epiteti a dir poco coloriti.
Ciclisti vs moralisti
Il ciclista urbano viene spesso bollato come quello che se ne frega delle regole della strada, in virtù di una presunta superiorità morale (non inquino, quindi faccio quello che mi pare). Ma se lo osservaste più da vicino capireste che in realtà è un individuo razionale come voi. Il marciapiede spesso è l’unica alternativa ad essere falciati via dal traffico a motore, il contromano è necessario a non allungare il giro di un km, la scampanellata è perentoriamente richiesta dai pedoni in protesta, perché “non vi si sente nemmeno arrivare, voi bici”.
Il popolo italiano è sempre incline a tollerare comportamenti poco etici in nome delle “regole che sono fatte male”. Come se ci fosse sempre un grigio burocrate a misurarti la curvatura delle banane. E allora si può evadere perché le tasse sono troppo alte, si può evitare di fare il biglietto perché gli autobus non sono mai puntuali, si può raccomandare il nipote all’amico di famiglia perché non c’è lavoro e si può votare Berlusconi per vent’anni perché è stato il più furbo di tutti. Ma senza mai ammetterlo. E sempre pronti ad ergersi a censore dell’altrui morale.
Guai a chi va in bici sul marciapiede, vade retro al ciclista urbano che osa contendere la carreggiata alle auto, al rogo quelli che lasciano la bici allucchettata al palo della luce anziché all’apposita rastrelliera.
La verità è che questo Paese vive di contraddizioni. E’ l’Italia, bellezza. Genio e sregolatezza. C’è un po’ di ciclista indisciplinato dentro ognuno di noi. Facciamoci pace e accettiamoci per quello che siamo.
Letture consigliate:
“Piccolo trattato di ciclosofia”, Didier Tronchet, Il Saggiatore (2001)