David nero sconfitto, ci resterà solo un selfie

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Altro che polemiche, altro che indignazione, altro che orgoglio: il David nero realizzato dagli Studi d’arte cave di Michelangelo di Carrara, monumento contro l’odio che stanzia da qualche giorno in piazza della Repubblica a Firenze, si è già trasformato in panchina ad uso turistico e simpatico sfondo da selfie. Quello che avrebbe dovuto essere un urlo di dolore e un disperato appello è diventato inerme coprotagonista di scatti sorridenti, chaise longue per Paoline Bonaparte di tutto il mondo in pose sexy.

Mi domando: l’artista sapeva che sarebbe andata a finire così? Forse sì e non dovrei prendermela tanto a cuore. Forse dovremmo prendere questo David nero per quello che è: un’opera pop in un’epoca stra-pop, in cui per icone intendiamo solo quelle sul telefono.

Non voglio fare la figura dell’intellettualoide sdegnosa, ma confesso che la vista di tutto ciò mi fa venir voglia di imbracciare un fucile. La prima volta che ho visto il David nero sconfitto è stato uno shock, un pugno nello stomaco. E credo che l’intento fosse questo: una provocazione per ricordarci cosa stiamo rischiando, che David sta lottando contro David, che la nostra società sta implodendo, che abbiamo svillaneggiato i nostri valori e la nostra storia, che i nostri simboli stanno lì a terra, dimenticati, abbattuti, anneriti dal tempo e dall’incuria.

E invece la risposta qual è? Al massimo si fa qualche polemicuccia su Twitter, poi ci scattiamo un selfie. E via dietro il prossimo Pokemon.

A volte penso che per l’umanità non ci siano più speranze. Meno male che c’è Ai Weiwei.

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