Ho provato la fredda organizzazione di Milano.
Arrivare in una giornata grigia, scendere in file ordinate di uomini in giacca e donne in tailleur pantalone e tacco puntuto, fare la fila ordinatamente per comprare il biglietto della metro. Prendere la metro con un sorriso a 32 denti in mezzo a facce grigie. Scendere a un passo da dove dovevo andare.
Poi ho provato Roma.
Scendere a Termini e incrociare più colori che se avessi fatto il giro del mondo. Cercare l’uscita, fare a cazzotti per prendere un taxi. Arrivare sotto il sole cocente dove dovevo andare. Riprendere il taxi, fare un giro completamente diverso per scansare la manifestazione in corso. Scendere in mezzo alla strada perché per arrivare davanti avrei dovuto aspettare un altro quarto d’ora in macchina. Trovare l’ingresso ai treni, non trovare neanche un tabellone che mi indichi il binario. Imbattersi per caso nel binario giusto. Sorridere. Ripartire per andare alla ricerca di una macchinetta per obliterare il biglietto. Trovarla per caso, sotto al tabellone che cercavo prima. Timbrare facendosi largo in mezzo alla folla accaldata. Salire sul treno passando i controlli al binario. Trovare al mio posto un personaggio che non avrebbe passato nemmeno l’alcol test.
Roma Caput Mundi.