La congiura delle non madri: cosa non dire a una donna incinta

Cosa non dire donna incinta

Ogni volta che una donna annuncia di essere incinta, viene travolta da un fuoco di fila di racconti orribili. Ci avete fatto caso? Fate un esperimento sociologico: pare che all’interno di qualsiasi gruppo di donne in cui avviene l’annunciazione, per ogni donzella incinta ce ne siano almeno un paio che hanno partorito dopo 48 ore di travaglio. E ogni qualvolta questi casi vengono portati alla luce c’è sempre qualcuno che si sente in dovere di rilanciare con la sua amica o lontana parente che ne è uscita dopo 72 ore. Storie di vita vissuta, ma sempre da altri, quasi mai in prima persona, passate di mano in mano come vecchi adagi popolari.  E’ una sorta di congiura delle non madri rispetto alla madre in fieri. Ma da cosa deriva questo rito tribale?

Da non madre, vi spiego quali racconti non fare a una donna incinta.

  1. Gravidanze tempestose

C’è quella che non poteva toccare nessun alimento rosso o che iniziasse con la lettera A, quella che ha preso 30 chili, quella che ha passato gli ultimi 4 mesi a letto, quella che ha scoperto di essere celiaca e al contempo diabetica. E via così esplorando tutte i casi statistici sotto l’0,1%.

  1. Parti ravvicinati del terzo tipo

Dall’alba dei tempi si sa. Per colpa di quella maledetta Eva, partoriremo con dolore. Ma perché indugiarci su così tanto? Siamo sopravvissuti per qualche millennio, ce la possiamo fare.

  1. Pulp partum

Superata questa fase della conversazione di solito si passa a racconti pulp sul post partum. Storie di squarci, punti, sangue a catinelle. Con incursioni di capezzoli trasfigurati e vagine irriconoscibili agli occhi (?) delle stesse detentrici.

  1. Malattie imbarazzanti

Gli amici e i conoscenti più molesti si arrischiano nel raccontare di bambini operati ancora in grembo o subito dopo il parto. Tutte storie a lieto fine, ma in grado di gettare nel panico una madre e nello sconforto più profondo gente come me che non sa se mai avrà il coraggio di diventarlo.

  1. Piccola Regan

Di qui ai racconti horror con sfumature modello “Esorcista” il passo è breve. In famiglia c’è sempre qualche bambino posseduto dal demonio, un neonato che non ha dormito 8 ore di fila fino al compimento della maggiore età, un fagottino amoroso che ha vomitato su tutti i tappeti, che si è buttato giù dal divano, ha tentato il suicidio buttandosi dalla libreria o ha tentato plurime volte il fratricidio.

  1. La Guerra degli nidi

Niente paura, ci sono gli asili nido. Peccato che siano infestati da maestre crudeli o totalmente inadeguate, pidocchi e altre bestie spaventose e costino quanto un appartamento a Pigalle. Senza parlare della piaga del terzo millennio: i gruppi Whatsapp dei genitori.

  1. Coppie sull’orlo della crisi di nervi

E così si arriva all’ultimo capitolo: mogli che maltrattano i mariti, mariti che scappano con le babysitter, famiglie tenute insieme con la colla e pronte a farsi a pezzi la sera di Natale.

Una mia amica in gravidanza aveva trovato un antidoto a storie del genere, ribattendo ad ogni nuovo episodio: “ma è obbligatorio?”. Spesso i suoi interlocutori rispondevano “certo che no”, ma continuavano a pensare “ma è naturale e succederà anche a te”. E’ una forma di invidia sociale, in una società in cui fare figli è diventato più difficile che farsi una carriera, una macchina, un appartamento al mare, ultimo baluardo dell’affermazione sociale (posso permettermi di fare un figlio perché ho già successo in tutti gli altri campi)? E’ per questo che massacriamo così le future madri?

Non so, ma non credo. Penso piuttosto che sia il modo in cui esorcizziamo le nostre più recondite paure, quelle che ci trattengono, appunto, dal fare un figlio in barba a tutte le incertezze e le scale sociali appena intraprese.

Dunque, giovani madri, non ve la prendete. Anzi, siate consapevoli che solo con la vostra presenza nel gruppo state svolgendo una funzione sociale ben più ampia di quel che pensate. Ma qualora un giorno capitasse anche a me, amiche, tenete la bocca chiusa. Un “che bello, sono felice per te” sarà più che sufficiente.

In copertina: Super Strong Lamp by Doris-Darling -ph. Klaus-Pichler (in mostra in questi giorni a Venezia per The Venice Glass Week)

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